La caparra, nel diritto civile, è una somma di denaro o una quantità d’altre cose fungibili versata a titolo di reciproca e mutuale garanzia contro l’inadempimento nel contratto oppure come corrispettivo per il caso di recesso dal contratto.
La sua funzione è infatti quella di prevedere una sorta di risarcimento immediato nel caso di inadempienza contrattuale e in caso di adempimento deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.
Questa è la definizione che si trova su wikipedia, adesso approfondiamo il discorso e cerchiamo di capire quanti tipi di caparra esistono e semai le differenze.
La Caparra
Di norma si usa la caparra quando si acquista qualcosa che ha un prezzo importante ad esempio una macchina ed una casa e soprattutto non si debba pagare in unica soluzione, mai visto pagare caparre al supermercato per acquistare una caciotta.
Vediamo perchè la caparra è garanzia di entrambi gli attori in un affare.
Versando la caparra l’acquirente si impegna a concludere l’acquisto nei tempi e modi stabiliti dal contratto, qualora non rispettasse il contratto perderebbe l’intera somma depositata a titolo di caparra.
Il venditore che la riceve invece qualora decidesse di tirarsi indietro dovrebbe rimborsare la caparra stessa più una penale di uguale valore all’acquirente.
Infatti si parla in gergo di caparra doppia in caso di inadempienza.
In Italia sono regolamentati dal codice civile 2 tipi di caparra; la caparra confirmatoria e quella penitenziale.
La caparra confirmatoria, regolata dall’art. 1385 del codice civile, dice infatti il codice che «Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.
Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare la esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali»
Quindi traducendo in linguaggio potabile mutuettiano facciamo un esempio; Tizio intende acquistare casa di Caio e versa una caparra confirmatoria.
Tizio si tira indietro e Caio può decidere di tenersi la caparra o chiedere l’esecuzione del contratto, se Tizio conferma di non voler più comprare Caio può fare causa a Tizio chiedendo di essere risarcito ben oltre il doppio della caparra, lo stesso varrebbe se Caio si volesse ritirare versando il doppio della caparra a Tizio.
Tizio può fa causa a Caio e chiedere i danni maggiori.
Facciamo finta che Tizio versi 5000 euro di caparra e Caio ne versi 15000 per un altro contratto, in questo caso Caio potrebbe far causa per vedersi riconosciuto il danno ben superiore ai 5000 iniziali.
La caparra penitenziale, regolata dall’art. 1386 del codice civile, contiene in sé la funzione di corrispettivo del recesso.
Dice infatti il codice che «Se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso. In questo caso il recedente perde la caparra o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta.»
Il nome non deriva, come potrebbe sembrare, da una “pena” da scontare, bensì dallo ius poenitendi, diritto di pentirsi di aver sottoscritto il contratto, e configura il prezzo per l’esercizio di questo diritto.
Mi sembra evidente che, tornando al nostro mondo, se vogliamo depositare una caparra per un acquisto di immobile è meno rischioso per noi far emergere dal contratto che la nostra caparra sia versata a titolo PENITENZIALE e non confirmatorio, questo ci permetterà di slegarci dall’obbligazione con meno perdite qualora sopraggiunga un impedimento imprevisto per la conclusione dell’affare.
Caparra e diritto di recesso
In materia di contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali e in cui una delle parti sia un consumatore, l’art. 67 del D.Lgs n. 206/2005 (“Codice del consumo”) prevede che in caso di esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, il professionista sia tenuto al rimborso delle somme versate dal consumatore, ivi comprese le somme versate a titolo di caparra.
Aspetti fiscali
L’imputazione di una somma a titolo di caparra, anziché di acconto o anticipo, la sottrae all’imposizione IVA in quanto, per la prevalente funzione di garanzia contro l’inadempimento, non può considerarsi principio di pagamento. Il suo importo è quindi soggetto a fatturazione solo quando diverrà a tutti gli effetti parte del pagamento, quindi al buon fine del negozio.
Per questa ragione, l’utilizzo di termini come “anticipo” o simili può comportare differenze nell’interpretazione anche fiscale del contratto.
A questo punto sembra chiaro cosa sia e come funzionino le caparre.
ps: la fonte di questo articolo è wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Caparra mentre le spiegazioni sono a cura di Mutuetto.it
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